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testo di Massimo Di Marco

Tutta la vita con la sua poesia

Tete Rusconi

Tete Rusconi
Tete Rusconi
Silvia Ceriani
 
tango
Silvia Ceriani Tete Rusconi

tango argentino La sera del 7 gennaio 2010 Pedro Alberto Tete Rusconi (o anche soltanto Tete) é stato trovato esanime nella sua casa di Buenos Aires, nel quartiere Palermo. La sera prima aveva ballato al Beso e aveva finito la nottata con un immancabile vals assieme a Silvia Ceriani.
Tete aveva 74 anni o forse di più, non é così importante. E' invece importante ciò che ci ha lasciato. I grandi maestri se ne vanno e non hanno eredi perché i loro allievi non sono la loro continuazione, non sempre per superbia, quasi sempre per i loro limiti.

Tete è famoso per il suo modo di ballare il vals ed è riconosciuto tra le icone dell'abrazo cerrado. E' straziante notare come la sua memoria, sparsa per l'universo delle strade che sono ormai divenute le sorgenti dell'informazione, non sia arricchita da null'altro. Ma amici, maestri, allievi lo hanno ricordato con tutto l'affetto possibile soprattutto in Italia dove ha sovente danzato con Rosanna Remón, uscita dalla scuola di Rosario assieme a Marina Fuhr e Osvaldo Roldan poco prima del 1990.

Tete è nato e cresciuto a Pompeya, un quartiere meridionale di Buenos Aires dove il tango ha trovato una delle sue culle, appiccicata a Barracas che é incollata a la Boca. E' molto affollato, tutti erano e sono poveri, molti poveri non erano e non sono sono santi.
Le attrazioni dei ragazzi erano la solita palla di pezza, le giacche erano usate per fare le porte. Poi c'era la gara a chi tirava più lontano un sasso o un mattone. Erano tutti senza soldi e ogni tanto si picchiavano come se fosse un gioco. Tete faceva quattro soldi come strillone, accompagnava i turisti che cercavano un albergo o una sala da ballo.Le cose sono cambiate quando in Argentina é arrivato il rock and roll.

I ragazzi hanno cominciato a ballarlo per le strade e poi nelle sale dove ogni tanto venivano organizzate gare di quartiere e campionati cittadini. Tete era un fulmine, aveva un senso musicale eccezionale e per cinque anni consecutivi é stato il campione di Buenos Aires. Ma il rock and roll non é stata l' unica passione riservatagli dal destino. Anzi, é stato un passatempo di passaggio.
La casa di Tete era nel cuore del quartiere, all'angolo tra Calle Tabaré e il lungo viale Centenera. Da qui attraverso la Avenida Saenz si arrivava presto in Calle Beazley e al numero 3566 di questa strada c'era il Bar El Chino che é oggi la gloria di Buenos Aires.

El Chino Garces l'aveva aperto nel 1937, all'inizio era una latteria. Nel quartiere non ce n'erano molte, i guadagni erano buoni e tali da incoraggiare l'acquisto del negozio accanto.

Fa buttare giù il muro ed apre un negozio di genere alimentari. Ottiene anche la licenza per vendere le bibite. Resta uno spazio dove chi vuole può andare a suonare la chitarra o anche cantare. Questa é stata un'idea del figlio del Chino, Jorge Eduardo, che amava cantare e cantava i tanghi. Il locale era diventato, giorno dopo giorno, un appuntamento di cantanti, musicisti, giornalisti, scrittori, poeti.Nel 1950 tutti quanti si trovano riuniti in un "Cenacolo degli amici" di cui tutta Buenos Aires parla. Anche gli aristocratici possono frequentarlo, la porta è sempre aperta e non c'é l'obbligo di bere qualcosa. Tete comincia ad andarci tutte le sere, si nasconde nell'angolo più buio del locale ed ascolta.

Una sera arrivano due che si mettono a ballare. Alla fine del tango l'uomo si presenta, dice che è un maestro e che si chiama Tin.Tetè gli dice che vorrebbe provare, non può pagarlo ma può fare dei lavori, pulire i vetri, scopare il pavimento, lucidare le scarpe. Tin fa parte del "Cenacolo", tutti si sentono uniti in quella specie di Circolo del Tango, sono veramente amici, si sentono legati da affetto. Tin é felice di insegnare il tango a Tete. Forse mette assieme al tango un po' del suo rock and roll, forse è anche inutile farsi delle domande. Tetè si muove sfiorando il pavimento, é elegante, agile, è divorato dalla musica. Comincia a frequentare le sale del tango, il suo vals non passa inosservato.
Jorge Eduardo Garcés il 21 agosto del 2001 muore. Pochi mesi dopo muore anche il padre. Il locale viene messo in vendita ma non ci sono richieste, forse è troppo caro, oppure la strategia di vendita ha degli errori.
Il caso vuole che capiti al Bar El Chino un parente dei Garcés, Josè Sacristan, un attore spagnolo piuttosto famoso. Le pareti del locale sono ammuffite e sgretolate, il pavimento é sconnesso. Ma alla sera gli amici del Cenacolo sono lì, in silenzio, aspettano che José Sacristan dica qualcosa.
L'attore sale su un tavolo. Dice:
-Ragazzi, amici, io sono troppo innamorato di questo bar, mi sento a casa mia, questo é il mio sogno. Noi andremo avanti perché io sento che il vostro cuore è qui che batte assieme al mio...
Tutti si stringono la mano. Tete si rende conto che la sua è un po' piccola, all'inizio esita. Ma poi si getta nella mischia e il suo maestro, Tin, lo abbraccia.
Arrivano al Bar El Chino anche le donne, sia di Pompeya che del Parque Patricios. Il locale diventa un ritrovo di giornalisti e poeti. L'Argentina è davvero un grande teatro del fantastico.
Qualche anno dopo chissà cosa gli è venuto in mente. Sente dire che un ballerino ha un record di resistenza, che ha ballato per 102 ore consecutive alternando la dama. Forse gli interessa il premio in palio, un bel po' di denaro. Balla per 137 ore, cioè 5 giorni quasi 6. Non si conoscono i dettagli, si può solo sperare che ogni tanto gli abbiano allungato qualche rifornimento.
Ha 18 anni e sua madre, di origine italiana, é li che lo aspetta. Gli ricorda che i primissimi passi di tango glieli ha insegnati lei e che dovrebbe adorare Osvaldo Pugliese. Tetè ha in mano il trofeo di Campeón de Danzas de Salón. Attraversano mezza Buenos Aires a piedi, la madre lo precede di qualche passo per fargli spazio tra la folla. Tetè ha un vaghissimo ricordo: " Dormivo in piedi, mi piaceva vedere mia madre tanto felice".
Aveva trovato un impiego presso il Municipio ed é stato anche nella Polizia. Nei ritagli di tempo ballava, dava lezioni, tornava a ballare sino all'alba ed alle 8 in punto saltava giù dal letto.
Non aveva una sua ballerina, come tanti. E come tanti non sapeva dove andare a far pratica, studiare qualche passo, provare e riprovare. Senonché nel quartiere dal 17 gennaio del 1937 era stato fondato il Club Social y Deportivo Franja de Oro. L'idea era di mettere in piedi una squadra di calcio ma siccome nessuno aveva soldi la squadra giocava con la maglietta del Boca Junior. E poi c'era la questione della sede, almeno una stanza con quattro sedie. La famiglia Mesa hanno messo a disposizione una saletta al 4681 di Calle Iriarte. Ma gli iscritti erano 120, troppi. Al 4750 della stessa strada c'era una grande villa abitata dai Karasoff che ha messo a disposizione le sue sale. Una parola tira l'altra e i Karasoff decidono di mettere in piedi una vera associazione sportiva: non c'era solo il calcio, c'era la ginnastica, il culturismo. Un mucchio di cose, persino il calcio femminile. E soprattutto c'erano le feste da ballo nelle quali, appena l'hanno saputo, i ragazzi del quartiere si sono tuffati a pesce. Ma che delusione !Invece delle donne c'erano i gay. Era tutto un mondo capovolto, le ragazze pensavano ai gol e i ragazzi si mettevano i reggiseni finti e le gonne. Bisognava adattarsi ed essere anche carini altrimenti niente tango. Tete si metteva al collo un fazzoletto rosso per farsi notare, gli andava abbastanza bene. Ma dopo un po' di volte tutti quanti hanno deciso che quella situazione era insopportabile. Si sono accontentati dei saloni della domenica con le ragazze accompagnate dalle mamme.
La vita di Tete scivolava tra il lavoro e la milonga secondo una routine quasi noiosa condita anche da un bel po' di pigrizia. Chi avrebbe immaginato che a 54 anni lo scenario nel quale aveva vissuto fino a quel momento sarebbe esploso d'improvviso sino a proiettarlo in un'esistenza del tutto nuova, inimmaginabile così tanto impensabile? Tete è rinato a 54 anni quando ha incontrato una donna straordinaria, Maria Villalobos. La loro intesa nel tango era invidiabile e ad entrambi piaceva essere ammirati in milonga, così si allenavano spesso. Ma non cercavano figure o chissà quali passi quanto il loro tango, la fluidità delle movenze, l'aderenza alla musica. Ballavano abbracciati prima che il tango abbracciato venisse codificato come l'abrazo cerrado.
Capita che a Buenos Aires arrivi una donna tedesca e sottile che aveva 4 anni più di lui, un viso dalle mille espressioni. Era Philippine Bausch, chiamata soltanto Pina, una delle non tante coreografe di fama mondiale che abbia inserito nei suoi lavori il tango, alla guisa di Maurice Béjart, Jiri Kylian, Sidi Larbi Cherkaoul. Ma Pina Bausch era un poco diversa, forse perchè cresciuta nella Folwang Hochschule di Essen diretta da Kurt Jooss, allievo e divulgatore delle teorie estetiche della danza espressionista promosse da Rudolf Von Laban. Prima ballerina e poi coreografa di spettacoli mirati alla dura critica della società consumistica, d'improvviso nella sua danza c'é una rivoluzione. Ora cerca la visione intima della coreografia e dei suoi danzatori ai quali chiede interpretazioni personali e di danzare i loro sentimenti. I suoi spettacoli vanno in scena al Colon, le danzatrici sono nude sotto veli bianchi o rosa, i ragazzi indossano mutandoni di jersey.
Un giorno vede Tete in una milonga, vede sprigionare la sua anima, non frena la sua commozione, né le sue lacrime. Gli chiede se vuole andare a Wuppertal, dove ha la sua scuola, ad insegnare tango ai suoi allievi.Tete e Villalobos fanno la valigia ed entrano in un mondo irreale. Non comprendono la danza di Pina Bausch e sono atterriti dall'idea che chieda a loro di danzare completamente nudi per lasciare che la loro espressività sia il solo abito visibile. In genere ballano Malandraca o Desde el alma. Li ballano sempre con il loro stile ma in modo diverso, l'improvvisazione li diverte e Pina Bausch sogna ora una danza dove ognuno può creare il proprio movimento, rivelare la loro nudità più vera, che non é più quella coperta da una veste.

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tete rusconi

Lettera di Tete a tutti

Cari amici, nel 2006 Tetè spedì una lettera rivolta a tutta la comunità tanguera del mondo. Sono felice di presentarla alla vostra attenzione, anche se molti di voi già la conosceranno. E' stata pubblicata sul numero 68 di TyCP, Tango y Cultura Popular, pubblicazione elettronica mensile della Asociación Civil Intertango (Rosario) diretta da Ricardo Schoua.

"Oggi 9 gennaio 2006 vorrei chiedervi qualcosa con la cortesia ed il rispetto che sento per tutti voi. Questo non è un rimprovero per nessuno, ciò che desidero è che tutta la gioventù e tutti coloro che ballano tango capiscano le mie ragioni : Non si deve camuffare il tango da nessun punto di vista, poiché questa musica così appassionante ci dà vita, energia, piacere, al punto di farci sentire meglio.

Dopo aver trascorso molti anni ad osservare ballerini e maestri, penso non sia giusto il ripetersi di tanti errori nell'insegnamento, così come nelle esibizioni.
La mia idea è la seguente: da sempre so che è la musica la base principale del tango. Così come è basilare apprendere a camminare con essa, seguendo il ritmo, la cadenza. Non posso negare che vi sia una tecnica quando si balla, però sarebbe preferibile che si insegnasse a ballare più liberamente, a ballare per se stessi.

Qui sta il divertimento...
Nessuno avrà il potere di condizionarci osservandoci, se siamo consapevoli che stiamo ballando per noi stessi.
Sulla base di questo, ritengo che molti stiano trasformando il tango con qualcosa che non corrisponde alla verità, poiché il tango è musica e non inizia con i passi, né dobbiamo commettere l'errore di non insegnare come camminare differenti ritmi musicali, al fine di poter riconoscere ogni orchestra.

Molta gente che sta insegnando dovrebbe, prima di tutto, apprendere a ballare il tango, per poter insegnare e dare tutto di se stessa, per non defraudare i propri allievi e compromettere la propria immagine di insegnante.

Il tango non è un affare, anche se molti lo vedono in questa ottica. Il tango è parte della nostra vita, parte dei nostri nonni, padri, madri, fratelli, amici. E' la nostra vita. Non dovremmo seguitare a confonderci così tanto, dovremmo ritornare a riconquistarlo, considerando che stiamo rischiando di perderlo per non averlo rispettato.

Cari amici, ballerine e ballerini, poiché ciò che state facendo rappresenta uno sforzo in più nella vita di ciascuno di voi, per rispetto di voi stessi, nelle vostre esibizioni sarebbe opportuno ballaste più tango e meno acrobazie, ballet o altro che non sia tango.
Non voglio pensare che persino con le esibizioni pensiate di dover competere; sappiamo che ogni coppia dovrebbe creare il proprio stile, inoltre non si dovrebbe ballare musica che non sia tango. In ciò chiedo che non mentano a se stessi e alla gente.
Alla comunità tanguera d'Europa e del resto del mondo, do un consiglio : mi piacerebbe che aprissero gli occhi su come apprendere a ballare, mi rivolgo principalmente agli organizzatori degli stages e ai professori, lo dico con il cuore, desidero che sappiano che quando si organizza un evento, se si vuole insegnare in maniera consona, è necessario invitare i migliori ballerini e maestri.
Senza la musica, la cadenza, la postura, l'equilibrio, a niente servono i passi e per questo abbiamo necessità di maestri e professori autentici.

Così che, dal fondo del mio cuore, con un po' di tristezza, vorrei rifletteste su ciò e se avete qualcosa da dirmi o lamentare potrete farlo a mezzo rivista o in qualunque altro modo, anche di persona, io frequento le milonghe e quando mi si incontrerà mi si interpelli, io risponderò , risponderò a tutti, non abbiate timore, non lascerò alcuno senza risposta, però, per favore, si cambi sistema, si determini un sistema nel quale tutti possiamo sentirci allegri, dove possiamo ballare il tango, dove possiamo sentirci felici e dove si possa vedere molta più gente, senza necessità di vendere ad essa nessuna bugia in più.
Mando a tutti un bacio e un abbraccio e spero che questo nuovo anno che è appena iniziato sia il più felice per tutti
Grazie
Tete"

Traduzione e cortesia
di
Nicola De Concilio
diffusa da malena@yahoogroups.com
(marzo 2010)

Silvia Ceriani
Pina Bausch
Tete Rusconi
con Pina Bausch e Silvia
Pina Bausch
Pina Bausch
rosanna remon

Silvia, la nuova vita

tango argentino Era una bimbetta con gli occhi belli che viveva nelle nuvole più che a Buenos Aires, piombata in una famigliola non adagiata nell'oro il 23 maggio del 1961.A 7 anni il papà e la mamma la mettono sul treno con una merenda e un'aranciata. Dopo 164 chilometri il treno arriva a Chivilcoy e Silvia salta in braccio alla sua nonna.

La nuova casa è una cascina invasa dalle galline e dai tacchini, l'acqua è quella del pozzo, tra le erbacce si annida l'ortica ma ci sono anche tanti fiori. Sono belli, nascono da soli. Non è felice quando la mamma la fa tornare a Buenos Aires e la manda a lavorare. Silvia ha 14 anni, ha la proibizione di usare l'ombrello perché lo perde e finisce nel retrobottega di un omone coi baffi che importa i sandali dal Brasile un po' alla rinfusa, un tanto al chilo. Silvia deve ordinarli secondo i numeri impressi sulle suole e creare la coppia tra una destra e una sinistra.

Dopo 7 anni è convinta di diventare matta. Decide di fare la cameriera e riesce a farsi assumere al Bar Seddon al 685 di Defensa, nel cuore di San Telmo. Non è un bar qualsiasi se il governo di Buenos Aires l'ha riconosciuto "de interés cultural". Dentro tra statue e velluti rossi, campeggia il registratore di cassa di un'antica merceria. E' affollato di giornalisti e artisti e ogni tanto viene scelto per fare un film. Verso sera un musicista cubano si mette al pianoforte, il Seddon è stato probabilmente il primo locale di Buenos Aires dove é stata suonata una salsa.

Si avvicina ai libri, é conquistata da Antonin Artaud e da Pier Paolo Pasolini, si iscrive all'università e un'amica la presenta ad Aida Carvallo, un'artista che usa la tecnica dell'incisione. Le propone di fare la sua modella e poi la porta nello studio di Roberto Paenz, firma un altro contratto come modella e un giorno dirà: " Restando così immobile per ore e ore ho avuto tanto tempo per pensare al mio futuro e a ciò che volevo essere".
Voleva dipingere e Roberto Paenz, pittore e famosissimo come illustratore, è stato il suo maestro. Voleva essere un'attrice, ha studiato teatro ed é diventata una stella del palcoscenico realizzando anche un sogno: interpretare "Le città invisibili di Italo Calvino".

Si era intanto legata ad un cantante italiano, Luca Prodan, nato a roma nel 1953 ma di padre scozzese e madre cinese. Prodan amava il rock e la madre del rock era Londra dove crea il suo primo complesso " The new clear Heads". Non aveva neanche vent'anni, si é lasciato travolgere dai vortici più trasgressivi degli ambienti che frequentava quasi senza accorgersene. Ne é uscito quando sua sorella Claudia è deceduta con il suo fidanzato in un incidente automobilistico.

Allora ha compreso il valore della vita. Timmy McKern, un musicista argentino di origine scozzese, lo porta a Cordoba. E qui Prodan crea un nuovo complesso che chiama Sumo ed una sua canzone " Mañana en el Abasto" diventa la regina del rock argentino. Il debutto avviene al Caroline's Pub di El Palomar, una piccola città a 20 chilometri da Buenos Aires.

Da quel momento Buenos Aires gli spalanca le porte, il suo successo é strepitoso ma a soli 34 anni, il 22 diecmbre 1987, muore per una malattia al fegato tra le braccia di Silvia. La sua disperazione é temprata dal teatro, dalla pittura, dalla stessa solitudine nella quale cerca attraverso il pensiero qualcosa. Non ha che 26 anni e non sa più sorridere. Il suo desiderio di vita è spento. Le amicizie le stanno vicine per qualche tempo, poi sfumano come sempre succede. Le capita di riaprire un vecchio diario che non usava come diario ma come taccuino. Ritrova gli appunti scritti quando Italo Calvino dopo una conferenza tenuta nel 1983 a New York aveva voluto visitare l'Argentina accettando di parlare del suo lavoro che non é davvero lontano dalla letteratura argentina più immaginaria che reale.

Ma in Calvino tutto é più complicato, chi entra nelle "Città invisibili" entra nella sua immensità geniale. Marco Polo alla corte di Kublai Khan descrive al Sovrano le città che attraversa all'interno del suo colossale impero, si sofferma sui dettagli e sulla gente. Ma sono città che crea mentre le racconta, di un mondo che non c'è ma forse c'é.
Silvia Ceriani ha già vissuto sul palcoscenico le "Città " di Calvino ma rivede tutto il lavoro da un altro punto di vista. Tutto é una città, nulla é una città, le mura non sono necessarie, le relazioni non sono necessarie, Palermo stesso è una città dentro a Buenos Aires ma perde le sue dimensioni di quartiere, la gente lo plasma e ne modifica la struttura attraverso gli atteggiamenti. Calvino ha creato una miscela dove la filosofia, la metafora, l'allegoria e la fantasia hanno il probabile significato di negare l'esistenza della città stessa di strade e mattoni per approdare a ciò che ha la capacità di creare lo stato d'animo.

Passano gli anni, il suo modo di riflettere si specchia con la fedeltà di un discepolo nei mondi di Calvino dove ogni cosa forse è vera e forse non vera, semplicemente possibile. Lei stessa, Silvia, é una città che non vede : si può vedere un sentimento, un'emozione?
Per caso, semplificando molto le cose ne parla con un'amica. Le dice che lei ha trovato nel tango una seconda vita dove tutto è lontano dal brutto che si vive fuori da una milonga.

Silvia ha 34 anni, è incuriosita. Prende lezioni di tango da Rafael Spregelburd e dopo qualche mese l'amica la porta in una milonga piuttosto frequentata in quel momento, si chiama Regine e sono i primi mesi del 1995. Un signore con un po' di pancia e non tanti capelli la invita. Lei dice che non è tanto brava e che si chiama Silvia. Lui dice: "Io sono Tete". E' vero, si chiamava Tete senza nessun accento. Ma era già troppo tardi per portarglielo via.

tango argentino

I suoi occhi

tango argentino Tete era una persona semplice, difficile notarla per la strada, non parlava neanche tanto. Nel 1996 il suo rapporto con Maria Villalobos ha una lenta discesa che si trasforma in un legame affettuoso.Però la sua donna ora è Silvia, lei 34 e lui 60 anni, lei intellettuale e artista, lui ballerino di tango e basta. Ma questo è un grossolano giudizio maschile.
Quando hanno chiesto a Silvia che cosa l'avesse colpito in Tete lei ha risposto " lo sguardo". In un'altra occasione ha parlato del suo buon umore e della sua tranquillità.
Silvia forse non si rende conto ancora di quanto il tango l'abbia imprigionata. Lascia i pennelli, il teatro, forse anche troppi pensieri legati alla sua vita. Nel 1996 Pina Bausch mette in scena "Only you" alla Villette che Bernard Tschumi ha progettato alla periferia di Parigi. E' uno spettacolo inatteso nella sua costruzione che a volte ricorda Montparnasse e le sue correnti surrealiste. In mezzo a questo mondo di sconcertanti invenzioni arriva il tango di Tete che balla Pavadita nell'interpretazione di Alfredo De Angelis. C'é anche Maria Villalobos, è una delle sue ultime apparizioni. Andrà ad insegnare al Club Lo de Celia, in Humberto Primo, si spegne nel dicembre del 2008 in modo inatteso.
Silvia Ceriani e Tete tornano a Buenos Aires dopo dieci anni. Silvia per curiosità impara a fare la dj in questa e quella milonga con non troppa sicurezza. Del resto non ha molto tempo per allenarsi, Tete la porta via ancora , attraversa l'Europa, la Korea, il Giappone. Fra loro ci sono anche momenti di stanchezza, Silvia ha problemi con la famiglia, non se la sente di sparire nuovamente per lunghi periodi. Tra il 2003 e il 2004 Tete balla soprattutto con Rosanna Remón, un po' a Buenos Aires, un po' in giro per il mondo.
Poi la sua vita con Silvia si ricompone. Assieme decidono di non vivere più in una casa ma in una pensione, in Pringles 84, quartiere Almagro.
Ogni sera sono in una milonga diversa, spesso Silvia ora fa la dj, torna a dipingere. E quella notte al Beso ci sono dei giornalisti che gli fanno un sacco di domande, il 9 é il suo compleanno, vogliono descrivere la sua vita, Tetè è un personaggio. Vogliono sapere quale sia il tango che ama di più. Risponde con un sorriso appena accennato, quasi triste. E' il suo commiato dalla vita.
- Adiós Buenos Aires
E poi fischiettando, con un braccio sulle spalle di Silvia, va a casa.

Ciò che ci lascia

milonghe Tante volte ho visto Tete ballare il vals a Milano con Rosanna Rémon alla Maison Espana e il tango con altre ballerine al Treno, covo dell'abrazo cerrado . Gli piaceva anche stare a guardare e a mano a mano che la coppia gli si avvicinava il suo sguardo si abbassava verso i piedi. Mascherava la cattiva impressione che gli faceva un passo sbagliato, inutile o fuori tempo ma sorrideva ed addirittura esclamava il famoso "esooooo" quando la coppia era dentro la musica. Era modesto, a nessuno ha mai detto di essere un maestro di ballo (lezioni o stages a parte): né lui né Silvia hanno mai ballato in modo teatrale nelle esibizioni perchè per loro ballare in milonga o guardati da un pubblico seduto era la stessa cosa. Il loro tango finiva quando finiva la musica senza nessuna figura speciale. Semplicemente si fermavano. Tete si prendeva delle scherzose licenze solo nel vals quando allontanava il braccio destro dalla dama o addirittura metteva le mani in tasca. Ma non lo faceva per fare il bello, voleva solo dimostrare che quando si balla il tango lo si balla con tutto il corpo. E con tutto il cuore. Gli piaceva dire che un tango é una festa di fidanzamento dove i due innamorati si abbracciano. Pensate che sia retorica? Ognuno é il tango di se stesso e per Tetè il tango era la vita. Una volta a Milano ha sentito che qualcosa non andava e si è messo in fila al pronto soccorso del Policlinico. Ma non è rimasto seduto più di due minuti. Ha cominciato a ballare avanti e indietro un tango immaginario e poi ha cominciato ad insegnare qualche passo alle signore meno timorose. Passi, camminate, magari una corrida. Un tango semplice ballato come se fosse non un ballerino ma uno dell'orchestra. Tete era la musica, era un assieme di note che sgranava sul pavimento con passi che lo sfioravano appena. Se un tentativo di simulare il suo tango poteva dare qualche improbabile risultato, il suo vals era assolutamente inimitabile. Volava con la sua ballerina stretta in un abbraccio emozionante, ricreava la musica facendola ancora più bella. Ma sempre con semplicità, nessuna evoluzione, nessuna acrobazia, nessuno stratagemma per stupire.Non ne aveva bisogno.
Tete ci ha lasciato il suo tango poetico ed ha voluto dirci che ognuno, bravo tanto o bravo poco, ha la sua poesia.
La sua lezione continua.

( aprile 2010)

Silvia Ceriani

Carlos Gardel

Marilyn Monroe

Carlos Gardel e Marilyn Monroe
nella pittura
di
Silvia Ceriani

 
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